Mario Macrì

Long Way Rider

Amo incondizionatamente “il fare” piuttosto che stare a pensare al come e perché farlo…
il resto… viene sempre da sé!

Nasce occasionalmente a Sant’Agata li Battiati (CT) il 30 Luglio 1963.
Il padre, Carabiniere in servizio sull’Aspromonte a Molochio (RC), decide assieme alla madre di far nascere il piccolo Mario nella propria terra, accanto agli affetti più cari, primo per dare maggiore supporto alla puerpera, che sarebbe stata meglio assistita, secondo perché non si dovesse dire che il figlio era nato occasionalmente in giro per il mondo.
Un senso di attaccamento alla terra trasmesso, e radicato poi, nel Dna del figlio.
Dopo alcuni mesi dalla nascita, Mario raggiungerà il padre, venendo così iniziato ai boschi e alle alture.
Vivrà a Molochio, un paesino di pochissime anime ed enormi distese di uliveti, solo per altri due anni e mezzo, duranti i quali avrà però il tempo di sperimentare la sua prima fuga da casa verso l’avventura.
Un giorno, mentre i genitori riposavano durante la pennichella pomeridiana, Mario decide di trasgredire ad un ordine impartito.
Era periodo di raccolta d’olive ed i vicini di casa erano impegnati in questa meravigliosa esperienza tradizionale. Essendo già stato invitato a parteciparvi giorni prima, era però dovuto rimanere a casa, a causa del cattivo tempo.
Ma per Mario il cattivo tempo non era fin da allora un ostacolo, a tal punto che, preso l’unico attrezzo necessario in queste occasioni, un ombrello, decise di sgattaiolare fuori di casa incamminandosi per le campagne.
A circa 700 m. da casa, un conoscente, incuriosito da un ombrello che camminava da solo, volle capire cosa ci fosse sotto. Fu così che sotto quell’ombrello trovò questo bambino sicuro di sé che, con accuratezza di particolari, spiegò dove stesse andando.
Chiaramente l’uomo non ci pensò nemmeno una volta, e con uno sbigottimento celato lo riaccompagnò a casa.

All’età di tre anni e mezzo Mario conosce la grande città, Reggio di Calabria, dove rimarrà fino al 1970.
Frequentando un doposcuola, dove la madre lo lasciava per poter meglio accudire la sorella che nel frattempo era nata, Mario comincia a prendere confidenza coi libri, al punto che, all’età di 5 anni, la maestrina decide di presentarlo d’esterno agli esami di ammissione alla seconda elementare. Mario supererà gli esami e comincerà la sua esperienza scolastica senza aver mai fatto la prima.

Nel 1970, placatisi i famosi “Moti di Reggio”, la guerra civile che si scatenò fra Reggio e Catanzaro per l’attribuzione del capoluogo di Regione, durante i quali Mario visse veri momenti di terrore, tra lacrimogeni, bombe carta, molotov, bottiglie incendiarie, carri armati, scontri fra militari e dimostranti, e chi più ne ha più ne metta, la famiglia si trasferisce nella pacifica Modica (RG) dove rimarrà fino al 1980. Sarà il definitivo rientro in Sicilia.
Qui Mario trascorrerà uno dei periodi più belli della sua vita, la gioventù dagli otto ai diciassette anni.
Frequenterà il Liceo Scientifico, amerà profondamente lo sport diventando un calciatore semiprofessionista militante nell’allora serie D e C2, e conoscerà anche i suoi primi amori.
È proprio in questo periodo che si formerà il carattere sognatore, idealista, pacifista, ma comunque ribelle e controtendenza nei limiti del consentito. Ed è in questo contesto che Mario comincia ad avvicinarsi alle persone meno fortunate, avendo così il battesimo dell’impegno nel sociale.
Ma come ogni cosa che Mario prenderà con eccessiva passione e determinazione, la stessa gli causerà i primi contrasti familiari dovuti alle strane frequentazioni.
Così, quando gli altri “figli di papà” trascorrono le vacanze estive in residence lussuosi, pagati magari a suon di cambiali, Mario, in contrasto col padre che lo voleva fra quelli, decide di trascorrere le sue vacanze lavorando nei campi perché attratto da quel tipo di vita rurale e dai suoi lauti guadagni.
Da tempo sognava di poter conoscere da dentro quell’ambiente, e tante volte si era appollaiato su di un albero a guardare le trebbiatrici che raccoglievano il grano, durante gli ultimi giorni di maggio ed i primi di giugno in cui si pigiava regolarmente la scuola, dopo che erano finite tutte le interrogazioni di fine anno con encomiabili risultati.

Ma il destino nomade porterà Mario all’ennesimo spostamento. Finito il quarto liceo, Mario viene nuovamente strappato agli affetti, questa volta più intensi, per tornare al paese natale dove nel frattempo il padre aveva rilevato la tabaccheria della nonna materna.
L’aver lasciato metà del suo cuore in quelle terre, lo porterà ad affrontare il suo primo viaggio da Catania a Modica in sella alla sua prima moto, una Garelli Junior Cross 50, acquistata per andare a scuola a San Giovanni la Punta, dove frequenterà l’ultimo anno di liceo.
Un viaggio veramente avventuroso, con una moto che non era preposta a viaggi “così lunghi”. Ma il pensiero di avere problemi per Mario non esisteva.
Si era detto: “se si ferma… la lascio in un angolo e continuerò in autostop”.
Fu il suo vero e proprio battesimo da motociclista viaggiatore.

Finito il Liceo, Mario dovrà sorbirsi un anno di militare nell’Arma dei Carabinieri, per poi introdursi definitivamente l’anno dopo nel mondo del lavoro.

Nel frattempo la gloriosa Garelli finisce allo sfasciacarrozze e Mario non avrà più una moto fino al 2001. Avrà però due mogli dalle quali avrà tre figli, Enrico dalla prima e Giorgio e Lucia dalla seconda.

Nel frattempo, nel 1989, inizia a collaborare, in qualità di cassiere, col “Gran Caffè Urna“, fiore all’occhiello della tradizione viagrandese.
Proprio qui inizia di nuovo il rapporto con la gente, con la vita di tutti i giorni, della più svariata estrazione sociale, col ragazzino che cresce e la ragazzina che si sente già grande, l’anziano che non invecchia ed il vecchio che si ferma a raccontarti la sua guerra.
Ascoltare, ascoltare, ascoltare. Da ben trentaquattro anni, non fa altro che ascoltare la voce di migliaia di persone al giorno, le loro gioie e le loro tristezze, i loro problemi e le loro soddisfazioni, le cose che piacciono e le cose che preferirebbero fossero cambiate e di cui si lamentano.
Ha condiviso le loro passioni ed anche le loro disperazioni, facendo forte opera di mediazione etica, soprattutto nei casi di evidente predisposizione alla devianza.

Dopo molti anni trascorsi a bordo di fuoristrada, in giro per i posti più impervi della Sicilia, nel 2001 abbandona definitivamente l’auto per dedicarsi anima e corpo alle due ruote. Ed è proprio dal matrimonio con la seconda moglie, Daniela, che riparte l’amore condiviso per questi mezzi e per i viaggi con essi.
Comprata una prima moto, una BMW F650 più piccola e maneggevole, giusto per riprenderci confidenza, la terrà fino al 2005, data in cui sarà pronto per il salto di qualità, con una moto veramente seria, adatta a tutti i sogni possibili ed immaginabili che frullavano nella testa del nostro viaggiatore: una BMW R1100 GS ABS.
Da quella data inizia infatti una nuova stagione che gli permetterà, nel 2005, di raggiungere in solitaria con la moglie e la sua moto la parte più estrema della nostra Europa, Capo Nord in Norvegia e nel Novembre del 2007 le vette più alte delle Ande in Sudamerica.
È proprio questa spedizione, assieme al gruppo “Motoforpeace” che lo riempirà di orgoglio motociclistico.
Una spedizione umanitaria durante la quale in gruppo sono riusciti a portare in Ecuador la somma di 35.000 Euro da destinare a “Los niños de la calle” (i bambini poveri della strada), nonché la somma di 5.000 Euro (raccolti in loco) per i terremotati del Perù.
Gli equipaggi hanno attraversato il Sudamerica veicolando un vigoroso messaggio di pace. Mario sarà con loro in Venezuela, Colombia, Ecuador e Perù.
Non c’è niente di più costruttivo, nei programmi di solidarietà, della presenza fisica nei luoghi in cui si vuole prestare aiuto.
Essa lega la memoria della gente a persone umane, fa comprendere che l’aiuto viene effettivamente dal cuore, dai sentimenti di bontà e generosità.
L’impresa ha avuto il suo lieto fine anche grazie ai fortissimi appoggi logistici che sono arrivati da patrocinatori quali: la Presidenza della Repubblica Italiana e la Corona di Spagna.
Al ritorno dal viaggio, il gruppo si è visto conferire l’ennesima medaglia d’argento al valor civile, mentre Mario (lui dice immeritatamente) è stato insignito all’unanimità dell’onorificenza di “Motociclista Siciliano dell’anno 2008”.

A quella stupenda avventura ne sono poi seguite altre non meno difficili ed impegnative.

Marzo 2009

Un viaggio sui Pirenei di 6500 km, attraverso Francia e Spagna, in completa solitaria, usufruendo soltanto del sacco a pelo e della tenda canadese (quando non si trovavano i rifugi di montagna), seguendo il famoso Cammino di Santiago, per arrivare fino a Cabo Finisterre, sull’Atlantico. Durante questo viaggio, Mario ha voluto provare l’esperienza del pellegrino, nutrendosi soltanto di quel poco che serviva per la sopravvivenza, molto spesso offerto dai pur poveri gestori dei rifugi.
È stato un viaggio durissimo… uno di quelli che solitamente andrebbero fatti nel periodo estivo e ad un’età sicuramente più giovane. Ma, dopo le esperienze vissute sul tetto del mondo a Caponord e sulle Ande in Sudamerica a 5200 m., come si può resistere alla tentazione di sfidare la natura ancora una volta, amalgamandosi ad essa in completa simbiosi. Qualcuno lo ha definito un viaggio “mistico“, altri “al limite della pazzia“, altri ancora “viaggio degno di un curriculum tanto importante“.
Personalmente ama definirsi un viaggiatore solitario alla scoperta di se stesso e degli uomini, dei popoli, dei loro costumi, ma anche delle loro sofferenze, della loro voglia di pace e delle loro “differenze” per raggiungerla.
Partito da Catania (p.zza Stesicoro) alla volta di Santiago de Compostela, in Spagna, per poi raggiungere il punto estremo Ovest della nostra Europa, Finisterre, ha percorso, condizioni atmosferiche permettendo, tutta la catena montuosa dei Pirenei, dove si è accampato durante la notte col suo sacco a pelo e la sua tenda, immerso nei fantastici boschi ad alta quota.
Ha così potuto ascoltarne il silenzio, i fruscii, le voci degli animali in assoluta contemplazione ed introspezione.
Ha quindi seguito il famoso “Cammino di Santiago“, un sentiero per pellegrini lungo quasi 800 Km, che lo ha portato fino ad uno dei tre capisaldi della cristianità, Santiago de Compostela, considerata dai cristiani come quello che rappresenta per i musulmani La Mecca.
Lungo la strada ha incontrato un centinaio di pellegrini (ce ne sono pochi in quel periodo) e, così come si era prefissato alla partenza, con essi ha cercato di creare un feeling di supporto logistico, una sorta di garanzia per qualunque cosa avessero di bisogno, quasi a voler emulare i Cavalieri Templari che proteggevano i pellegrini durante il loro viaggio verso Gerusalemme.
Per questa ragione, un viaggio in moto che sarebbe potuto durare solo 2 giorni, si è trasformato in un viaggio di 12 giorni che lo ha visto salire e riscendere tutte le vette che costeggiano il cammino a piedi dei pellegrini, ma, sempre per questa ragione, all’arrivo in cattedrale a Santiago, si è visto inaspettatamente consegnare la famosa “Compostela“, tanto ambita dai pellegrini che percorrono per intero gli 800 km. e, se consideriamo che questo documento è stato concesso solo ad un’altra persona che, come Mario, non lo ha fatto a piedi o in bici, può ritenersi anche questo un buon successo.

Maggio 2009

Nel Maggio 2009 lo vediamo invece guida del “Tour della Legalità” attorno alle città di Sicilia, lungo un percorso di 2500 km, attraverso le bellezze e le meraviglie della nostra isola, senza tralasciare di far visita ai luoghi ed alle aziende colpite dalla pesante mano della mafia, per concludersi, il 23 maggio, in un maxiraduno con 3000 partecipanti circa, che ricorderanno l’attentato al giudice Giovanni Falcone ed alla sua scorta, proprio sul punto della strage a Capaci, accelerando simultaneamente nell’ora precisa della strage, quasi a voler emulare il rumore dell’esplosione, mentre 300 bambini, dalla vicina montagna dalla quale fu innescato il detonatore, liberavano altrettanti palloncini bianchi.
La manifestazione è stata ripresa in diretta da RAI 2 dalla città di Corleone.

2010

Il tour della legalità si è ripetuto nel 2010 a Santa Venerina, dove altrettanti motociclisti hanno commemorato le vittime del giornalismo per mano delle mafie.

Da pochi mesi collabora come webmaster con l’associazione “Nuestro Horizonte Verde”, attiva in Italia, Spagna e Perù per il recupero scolastico dei bambini della regione di Iquito nella Foresta Amazzonica peruviana, altrimenti destinati a peggiore destino.

Nel frattempo, una casa motociclistica cinese gli offre di accompagnare 3 moto da Pachino a Pechino (un altro dei suoi progetti ambiziosi) ed il Tour Operator “Motoexplora” lo vuole come guida per tracciare un percorso turistico che si snoda dal Sudafrica fino alla selvaggia Namibia.

2011

Non contento di quanto propostogli, Mario decide di completare l’esperienza sudamericana, e propone al tour operator un ennesimo viaggio in moto.
Il progetto viene accolto e viene così ingaggiato per segnarne i percorsi e prendere tutte le relative informazioni, in modo da poter ripetere l’esperienza assieme ad altri motociclisti in un immediato futuro.
Il 25 di gennaio Mario partirà quindi da solo per uno dei viaggi più estremi sulle due ruote: Buenos Aires – Capo Horn – Buenos Aires.
La mitica Capo Horn, considerata la bestia nera non solo dei naviganti, ma anche dei motociclisti, viste le fortissime raffiche di vento che arrivano a soffiare fino a 140 km/h.
Un viaggio che lo vedrà ritornare sulla Cordigliera delle Ande, fra i condor lasciati nel 2007 su quelle alture spettacolari, in Patagonia, per poi scendere a sud, lungo la Ruta 40, verso El Calafate dove si può visitare il famosissimo ghiacciaio Perito Moreno che, scendendo dal grande Campo de Hielo Sur, termina sul Lago Argentino dove, spaccandosi, fa crollare sulle acque immensi iceberg, alti fino a 70m, con uno straordinario e imponente spettacolo naturale.
La Patagonia è la regione più meridionale del mondo abitato e nell’immaginario rappresenta la terra estrema, nel senso di lontana ma anche impervia, dura, inospitale, incontaminata, solitaria e selvaggia. Essa è di fatto il simbolo dell’avventura e dell’abbandono, ora più che mai, dopo che Bruce Chatwin ne ha celebrato la natura e gli spazi infiniti e romantici in cui perdersi nella fuga dal mondo civile e dall’ordinaria vita borghese. La Patagonia è pura natura, incastonata fra due oceani sterminati che la isolano dal resto del mondo, stretta fra le aspre vette andine dalle forme bizzarre le quali si allargano verso est nelle immense steppe solitarie e deserte. Divisa fra Cile e Argentina essa comprende le Regioni cilene dalla IX alla XII e le province argentine di Neuquen, Rio Negro, Chubut, Santa Cruz e Tierra del Fuego. Essa è scarsamente abitata forse per il clima austero, in particolare durante il rigido inverno australe corrispondente alla nostra estate. I venti soffiano impetuosi e incessanti da ovest portando copiose precipitazioni che scaricano grandi quantità di pioggia in estate o neve nel periodo invernale sul versante cileno delle Ande, ricco di boschi rigogliosi. Il versante argentino e la pianura orientale, al contrario, sono caratterizzati da un clima arido e da un paesaggio stepposo, semidesertico o del tutto desertico. Nella parte più meridionale grandi “Campi de Hielo” (campi di ghiaccio) ricoprono le valli e gli altopiani andini scendendo poi fino a livello del mare con spettacolari falesie bianche che incombono sul blu cupo dell’oceano o dei laghi interni. Grandi comunità di pinguini, foche, leoni marini e uccelli affollano invece le coste impervie e frastagliate del Cile e solitarie dell’Argentina. Questa è la Patagonia: uno spettacolo incessante di scenari naturali che ne fanno uno dei luoghi più belli e affascinanti del pianeta.

I sogni… a volte si avverano!

Mi piace salutarvi con un pensiero che ha fatto grande un mio carissimo amico:

“Spingendo quotidianamente i nostri limiti riusciamo, a piccoli passi, a superare le paure che ci vietano o limitano il possesso della nostra esistenza“.
Km. percorsi overland
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Paesi attraversati
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